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La visione di The Guardian sulle lingue e gli inglesi: Editoriale sulla Brexit e su una prigione anglo sferica

La lingua inglese potrebbe sembrare un vantaggio per gli inglesi. Ma la sua preminenza potrebbe anche tagliare fuori gli inglesi da quello che dice il resto del mondo.
La lingua (o le lingue) parlata in una società aiuta a definirne l’identità. Questo è vero tanto per la Gran Bretagna quanto per gli altri paesi. La maggior parte degli Stati, come la Gran Bretagna, hanno una o a volte più lingue ufficiali. Per diventare inglese, per esempio, una persona deve provare la conoscenza dell’inglese. Richieste equivalenti esistono in quasi tutti gli altri Stati.
In realtà, le regole linguistiche possono essere positive o negative. Nel Belgio, linguisticamente diviso in due, le lingue rivali sono una fonte permanente di tensioni. In altri paesi, sono una fonte di vitalità; la rinnovata conoscenza di sé della Catalogna, ad esempio, si basa sulla distinzione della sua lingua e su una storia di discriminazione contro la stessa. Altrove, la questione è più intricata. L’attuale domanda di Sinn Féin per la parità linguistica dell’irlandese in Irlanda del Nord sta rallentando la restaurazione di un governo decentrato. Non riflette il numero di persone che parlano irlandese (solo il 6% dei cittadini dell’Irlanda del Nord parla irlandese), tanto quanto una determinazione che non deve essere definita, attraverso la lingua parlata dagli unionisti, come gli inglesi.
La Gran Bretagna moderna ha una rispettabile tradizione di tutela delle minoranze linguistiche. Ma i cittadini britannici per lungo tempo sono stati restii a parlare lingue straniere. I tre quarti dei cittadini del Regno Unito non possono portare avanti una conversazione in nessun altra lingua se non l’inglese. Questa monocultura linguistica sarebbe stata ancora più egemonica se non fosse stato per i migranti bilingui. Questo riflette molte cose, ma il declino dell’insegnamento linguistico è una delle più importanti. I risultati del Certificato Generale dell’Insegnamento Secondario nella maggior parte delle lingue straniere tendono a peggiorare ogni anno. Un lungo declino nei numeri riferiti alle qualificazioni linguistiche si è spostato in una perdita di persone che le sanno parlare.
Il risultato è che il Regno Unito è relegato nel fondo della conoscenza linguistica europea. Nell’Unione Europea, più della metà degli studenti studia due o più lingue straniere. In Finlandia, Francia, Romania e Repubblica Slovacca si tratta del 99% degli studenti e in Lussemburgo addirittura il 100%. Al contrario, in Gran Bretagna si tratta di uno scoraggiante 5%.
La classica scusa per la negligenza britannica per le lingue straniere è che l’inglese è diventata la lingua comune. Questo significa in realtà che l’inglese è la seconda lingua preferita al mondo, non la prima. Nell’Unione Europea, per esempio, il 94% degli studenti sceglie l’inglese, mentre il Francese è scelto soltanto dal 23% di loro. In queste circostanze, qualcuno in questo paese (purtroppo non i leader commerciali britannici) si chiede: perché i cittadini britannici dovrebbero preoccuparsi di imparare altre lingue quando così tante persone imparano la nostra?
Ci sono diverse risposte a questa domanda. La più importante è che la mancanza di lingue straniere rischia di far sì che i cittadini britannici rimangano chiusi in una anglo sfera legata alla Gran Bretagna, Irlanda (a volte), Commonwealth e tutti gli Stati Uniti. Esistono legami importanti. Ma la famosa considerazione secondo la quale la Gran Bretagna e l’America sono due nazioni divise da una lingua comune resta vera, soprattutto nell’era di Donald Trump. La anglo sfera costituisce una minoranza nel mondo, la sua saggezza e il suo commercio. Mentre gli altri stati parlano la loro lingua insieme all’inglese, i cittadini britannici parlano solo inglese. Qual è il vantaggio?
Il Governo di Theresa May parla di una Gran Bretagna “globale”. Secondo il diritto dei simpatizzanti della Brexit, questo tende a significare una anglo sfera all’interno della quale il privilegiato e il prevenuto possono nutrire una fantasia reazionaria della grandezza britannica. Mentalmente e materialmente si tratta di un ritirarsi dal mondo, non di un impegno – più una prigione che una liberazione. Una Gran Bretagna impegnata in maniera genuina non dovrebbe accovacciarsi nella anglo sfera, nell’Atlantico e nel passato. Deve rimanere interamente impegnata con il mondo reale, con l’Europa soprattutto, perché è lì che si trovano queste isole – e questo significa anche capire cosa stanno dicendo i nostri vicini e i nostri alleati.

Fonte: theguardian.com, 3/11/17

Traduzione: Francesca Corsetti, stagista presso l'OEP