LE MONDE | 25.06.2014 ore 5.53| Scritto da Camille de Toledo (scrittore) e Heinz Wismann (Filologo)
Nel momento in cui l’Unione europea (UE) prende coscienza dei risultati delle elezioni, caratterizzate dall’astensionismo e dal progresso dei partiti di estrema destra, proviamo a liberarci dallo spettro delle paure e del risentimento per affrontare il futuro. A lungo termine, siamo consapevoli che un’unione politica europea sarà accettabile solo se si assisterà all’emergere di un dêmos europeo : una nazione al di là delle nazioni. L’UE ha bisogno di un popolo, altrimenti resterà della democrazia solo il kratos, il potere. E’ questa assenza di popolo, di nazione europea, che conduce al trionfo dei nazionalisti e dei populisti, a questo movimento massiccio di riappropriazione territoriale identitaria. Ora, è proprio questa assenza che si deve convocare, stabilire e pensare : rendere alla presenza il popolo europeo assente.
Chiunque creda nel progetto europeo per il XXIesimo secolo deve porsi il problema della lingua e della sua articolazione con l’idea di “nazione europea”.
Che lingua sarà dunque quella di tale nazione al di là delle nazioni? Sappiamo, dopo le rivoluzioni e le guerre del XIX e del XX secolo, che la nazione è un mostro a due teste : emancipatrice, come fu il caso nel 1848 attraverso l’Europa, è spesso ripugnante, ripiegata su se stessa, sui suoi particolarismi. La regressione è in atto nell’Europa contemporanea, su scala degli Stati Uniti e dell’UE come insieme chiuso, come fortezza. Non c’è dunque il “ritorno delle nazioni” da un lato e il progetto europeo dall’altro. Camminano insieme come quel mostro a due teste. Ma è l’Europa nel suo insieme, sin dalla guerra nell’ex-Jugoslavia, che si dirige verso la destra e l’estrema destra. A voi l’identità ! dicono i trattati europei agli Stati (il ritorno ai nazionalismi chiusi, terminato), e a noi i flussi , la deregolamentazione e la concorrenza ( il compromesso liberale e securitario dell’UE)!
CONTRASTARE QUESTA GRANDE ONDATA DI VERGOGNA
E’ per contrastare questa visione restrittiva dell’ “essere europeo”, che dobbiamo fare apello all’emergere di una “nazione europea” per il futuro : una concezione aperta della nazione in uno spazio multilingue come l’Europa, dove diversi episodi della storia e dell’espatrio si intrecciano, una nazione volta verso i saperi, l’educazione, la conoscenza, libera dai suoi timori dell’altro, portatrice di un orizzonte di emancipazione e una ridefinizione del legame di cittadinanza, si riassume in una parola : traduzione. Questa parola è una chiave per un pensiero nuovo della cittadinanza ecologica e politica, per una concezione di un legame sociale esteso, che autorizza identità multiple. E il nostro sogno è che questa nuova nazione si avvii per contrastare questa grande ondata di vergogna, per dare un impulso, un’immaginazione, al progetto europeo.
Viviamo purtroppo ancora all’interno di vecchi schemi di pensiero, nei quali l’appartenenza a una nazione è considerata come un dato di fatto derivante da una lingua materna, da una concezione condivisa dei valori, della storia, della cultura e di una certa raffigurazione del territorio, delle frontiere. Ma questi miti non coincidono più con la realtà. Abitiamo ormai degli spazi multilingui, plurinazionali. Esistiamo in “diversi luoghi”, fra un paese e l’altro, fra una città d’adozione e una città di nascita. E da questa situazione risulta la necessità di ripensare un legame di appartenenza in linea con la realtà delle nostre vite frammentate.
“ CITTADINO-TRADUTTORE”
Definire il cittadino europeo del XXI secolo come “cittadino-traduttore” permette di articolare delle legalità multiple : essere della propria città, della propria regione, del proprio paese e di uno spazio più ampio, lui stesso definito come spazio dove “la traduzione” è la lingua comune. Pensare l’appartenenza come uno sforzo per tradurre l’altro e tradursi per l’altro, o per se stesso esistere, là dove la vita e la cultura ci pongono, fra le lingue, i generi, i riti, la fedeltà e la liberazione.