La Corte Costituzionale e la nostra lingua: una sentenza di grande significato - Intervista a Nicoletta Maraschio, la presidente onoraria dell’Accademia della Crusca

Comunità radiotelevisiva italofono Notizie / 24 marzo 2017

Intervista a Nicoletta Maraschio, la presidente onoraria dell’Accademia della Crusca. La Corte Costituzionale e la nostra lingua: una sentenza di grande significato
Improvvisamente la lingua italiana è quasi tutti i giorni sui giornali. Cosa sta succedendo?
Credo che siamo di fronte a un passaggio molto importante per la nostra lingua e per un rinnovamento significativo della politica linguistica nel nostro Paese. Sembra che molti nodi stiano venendo al pettine tutti insieme: la scuola (più italiano e meglio), il sessismo della lingua (ministra e il riconoscimento del linguaggio di genere), le lingue di minoranza (rispetto del bilinguismo nella toponomastica in Alto Adige) e soprattutto la questione dell’ufficialità dell’italiano.
Lo scorso febbraio, infatti, la Corte Costituzionale ha pubblicato una sentenza ( n. 42/2017) relativa ai corsi di laurea esclusivamente in inglese che il Politecnico di Milano decise, nel 2012, di attivare, in base alla legge Gelmini sull’internazionalizzazione. Molti colleghi del Politecnico si opposero, il Tar della Lombardia diede loro ragione, la questione arrivò al Consiglio di Stato che a sua volta sollevò un dubbio di costituzionalità davanti alla Corte Costituzionale.
Dopo questo lungo iter la sentenza della Corte assume ora un grande valore perché affronta esplicitamente il tema dell’ufficialità dell’italiano sulla base di alcuni articoli della nostra costituzione ( art. 3, art. 9, art. 33, art. 34) e quindi dei diritti costituzionali. Basta citare qui tre passi fondamentali della sentenza: “L’esclusività della lingua straniera [..] innanzitutto estrometterebbe integralmente e indiscriminatamente la lingua ufficiale della Repubblica dall’insegnamento universitario di interi rami del sapere. Le legittime finalità dell’internazionalizzazione non possono ridurre la lingua italiana, all’interno dell’università italiana, a una posizione marginale e subordinata, obliterando quella funzione, che le è propria, di vettore della storia e dell’identità della comunità nazionale, nonché il suo essere, di per sé, patrimonio culturale da preservare e valorizzare.
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